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  • nene823

Incontrarsi dopo la Morte


È possibile riconoscere la presenza di una persona che non ha più un corpo? Come facciamo a sapere che si tratta proprio di chi abbiamo amato e non di un prodotto della nostra fantasia? È il dolore che spinge a cercare una consolazione nel sogno di una vita che continua dopo la morte, o davvero ci si può ritrovare ancora?

Per rispondere a queste domande, è indispensabile cambiare prospettiva e osservare gli eventi con lo sguardo del cuore, senza lasciarsi intrappolare negli stereotipi culturali che ammalano la nostra civiltà. Nella nostra cultura, il cuore è considerato una romanticheria adatta a persone poco concrete, inattendibili e con la testa tra le nuvole.

Le cose reali sono quelle che si possono quantificare, misurare, calcolare e, possibilmente, trasformare in business. L’economia detta legge in tutti i settori e arriva a sindacare persino nelle profondità di noi stessi. Viviamo nella dittatura del sistema produttivo e l’arroganza monetaria ha trasformato i sentimenti in smancerie, prive d’intelligenza.

Per inseguire il reddito dimentichiamo che il benessere e la salute affondano le radici dentro una soggettività fatta soprattutto di sensibilità. La crescita esponenziale di tante patologie psicologiche indica una falla nella gestione materialista della vita e segnala l’urgenza di un cambiamento capace di ridare valore al mondo intimo di ciascuno.

L’amore è un fatto personale: poco quantificabile, poco misurabile, poco riproducibile in laboratorio. E, per questo, è stato dichiarato scientificamente inesistente. Eppure, l’amore è reale. Lo sanno con certezza tutti quelli che ne sperimentano gli effetti dentro di sé.


La sensibilità ha un potere che non si può comprare e permette alla vita di dispiegarsi nelle sue infinite possibilità. L’amore è uno stato d’animo. Perciò, è sempre un fatto personale. Ognuno lo vive a modo suo. Questo non significa che non esista. La vita psichica è soggettiva, e soggettiva non vuol dire inesistente. Vuol dire che ognuno se ne assume la responsabilità, senza dover cercare all’esterno le conferme necessarie a convalidare ciò che vive.


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