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Come Preparare I Rimedi Spagirici


Spagiria: L’Arte di Curarsi con le Erbe

Al giorno d’oggi siamo abituati ad assumere prevalentemente farmaci che più o meno conosciamo, appartenenti alla medicina che va per la maggiore, definita “allopatica”.

Il farmaco, prodotto di sintesi, proviene da un processo eseguito soltanto su alcune delle molecole della pianta, “estratte” chimicamente in laboratorio. I nostri vecchi e i nostri avi, si sono sempre curati sin dalla notte dei tempi con le erbe, assunte sotto forma di decotti, tisane e impasti. La tisana è conosciuta ormai da tutti. Questa la si ottiene utilizzando di preferenza la pianta fresca, appena raccolta (ma anche quella secca va bene, per chi non ha tempo di cercarsela, a patto che provenga dalle nostre terre), immergendola in acqua bollente: si aspetta 15′, si filtra e la si beve con un po’ di miele, (meglio se monofiore, di preferenza acacia, rosmarino, tiglio e timo) e per chi non lo tollera, meglio lo zucchero grezzo. Altri metodi di utilizzo più complessi sono costituiti dalla Spagiria e dall’Omeopatia. Esistono, però, altri metodi di utilizzo e lavorazione della pianta.

La Spagiria come l’Omeopatia, usa la pianta intera senza escludere nulla, lavorandola con mezzi e tecniche appropriate. In questo caso la si lavora con le mani, servendosi di utensili che provengono da metalli puri, come il rame, il bronzo e il vetro, per i vari processi lavorativi. La differenza tra Spagiria ed Omeopatia sta nel fatto che la seconda salta alcuni passaggi di elaborazione che risultano alla fine i più importanti, anche se richiedono tempi di preparazione molto più lunghi (più di 3/4 mesi). Per una questione economica, quindi, l’Omeopatia ha deciso di fare a meno di alcuni dei passaggi per ottenere maggiori quantitativi di prodotto da vendere sul mercato farmaceutico. Come diceva Goethe: “La conoscenza della Natura deve rappresentare un punto di incontro, un ritmo tra l’estremo empirico e quello astratto. Tale punto di incontro si realizza in un nuovo sistema di conoscenza, chiamato “intuizione” o percezione del “fenomeno originario”. In essa il fatto percepito perde la sua particolarità empirica per rivelare l’idea, la legge profonda della natura, idea e legge che in un altro modo non potrebbe mai essere colta al di fuori dell’ambito sensibile. Questo è possibile perché l’Uomo fa parte della Natura ed è Natura lui stesso e quindi non si può avere una contrapposizione tra soggetto ed oggetto nel conoscere, poiché lo stesso spirito si esprime nell’Uomo e nella Natura. L’Uomo conoscendo il mondo conosce se stesso e nel soggetto vi è tutto ciò che è nell’oggetto.”

IL PRODOTTO SPAGIRICO

II termine Spagiria deriva dal greco “Spao” e “Agheuro” che significa letteralmente separare e ricongiungere. Il processo di ottenimento dei rimedi spagirici è basato sull’opera del medico svizzero Paracelso (1493-1541), ritenuto l’iniziatore della Spagiria. Oggi, comunque, con l’ampliamento delle conoscenze sulle fonti tradizionali, siamo in grado di affermare che la Spagiria come l’Alchimia, ha avuto i suoi natali nell’antico Egitto. Questa è poi approdata nella Magna Grecia, intorno al 500 a.C., dando luogo alla Scola Italica, preesistente a Pitagora medesimo. Può essere considerata come un ponte fra l’omeopatia classica e la fitoterapia moderna e si distingue da queste per alcune peculiarità ben distinte. La produzione della tintura spagirica (così viene chiamato il prodotto ottenuto) è basata su tre tappe essenziali: la fermentazione, la distillazione e l’incenerimento. In questo modo possono venir estratti gli oli essenziali (sostanze aromatiche), le sostanze minerali e gli oligoelementi propri a ciascuna pianta. Il vantaggio di queste essenze spagiriche risiede dunque nel fatto che contengono non solo delle sostanze organiche, ma anche delle materie inorganiche (sali minerali, oligoelementi). Solitamente le tinture contengono poco alcool (10%-20%) e se il dosaggio prescritto è rispettato, non sono tossiche; sono inoffensive e senza effetti secondari conosciuti. Tramite le differenti tappe di produzione, viene utilizzata tutta la forza della pianta.

LE PIANTE

Per la produzione delle essenze spagiriche si utilizzano preferibilmente piante fresche raccolte in zone incontaminate o a basso inquinamento, come possono essere le nostre montagne. Solitamente un buon spagirista sottomette le piante ad un severo controllo di qualità prima di utilizzarle per la produzione. Questo controllo comporta fra l’altro un’analisi delle impurità, come la presenza di erbicidi, pesticidi e di metalli pesanti.

LA FERMENTAZIONE

Le piante sono sottomesse ad una fermentazione in acqua e ciò rappresenta la prima tappa della produzione di un’essenza spagirica. Secondo le piante, questo processo può durare parecchi giorni o addirittura settimane. Durante il processo di fermentazione, gli oli essenziali vengono liberati e delle sostanze aromatiche caratteristiche ad ogni pianta si sviluppano. Durante la fermentazione, dei cambiamenti strutturali del materiale vegetale generano la formazione di nuove sostanze. La fermentazione è seguita dalla distillazione.

LA DISTILLAZIONE

La massa vegetale è sottomessa ad una distillazione a vapore d’acqua che è una forma di distillazione dolce. Il suo scopo è di recuperare le sostanze aromatiche e l’etanolo estratto dalle piante durante la fermentazione. Dopo aver raggiunto la quantità di distillato prescritto, questa tappa di produzione è terminata. Il distillato presenta un aroma molto gradevole che è rinforzato dal processo di fermentazione precedente.

L’INCENERIMENTO

La tappa seguente è l’incenerimento del residuo di distillazione. Lo scopo dell’incenerimento (calcinazione, secondo il termine alchemico) è di estrarre dalla massa vegetale i sali minerali e gli oligoelementi propri alle piante. Questi sono poi rimessi in soluzione nel distillato, e l’eccesso viene filtrato. Notiamo che questo processo di combustione elimina ogni traccia di sostanze organiche potenzialmente tossiche (alcaloidi).

COME UTILIZZARE UNA TINTURA SPAGIRICA

Le tinture spagiriche si utilizzano non solo sotto forma liquida di essenze, individuali o in miscela, ma anche sotto forma di unguenti (oleoliti). Vanno assunte sotto forma di gocce con poca acqua, alla mattina a digiuno. Le gocce possono variare da 2 a 5 a seconda del trattamento. Nel caso acuto se ne utilizzano anche 7.

OLEOLITI SPAGIRICI

Per quanto riguarda gli oleoliti, il procedimento risulta essere più semplice da attuare rispetto alle tinture, e chiunque di noi può cimentarsi a casa propria, avendo però la cura di utilizzare pentole in ghisa più resistenti alle alte temperature. Dapprima si lascia asciugare la pianta al sole, fino a quando tutta l’acqua è evaporata. Come secondo procedimento si invasa la pianta assieme all’olio di ricino (acquistabile in una qualsiasi farmacia) e la si lascia in infusione per circa 40 giorni. Alla fine si filtra il composto e si passa alla calcinazione, ovvero incenerimento, della pianta possibilmente in un forno a combustione naturale: il prodotto che si ottiene assume un colore biancastro e si riduce in polvere. Tale polvere va rimescolata assieme all’olio filtrato. L’oleolito è così pronto.

PREPARAZIONE E SPIEGAZIONE

La raccolta, la preparazione e la manipolazione delle piante dovrà avvenire in tempi precisi e con modalità rigidamente in sintonia con i ritmi della Natura, vale a dire scegliendo il giorno ed anche l’ora più propizi per la raccolta. Un buon libro di Erbe Officinali, ci indicherà, poi, il periodo di crescita di ogni singola pianta, in modo tale da poter scegliere con cura quella che più si addice alle nostre esigenze. Altro fattore da tenere in considerazione, e che i nostri Avi ben conoscevano, erano le “similitudini” con le divinità (Forze di Natura) che si associavano alle erbe. Come alcuni di noi ben sanno, presso i Celti esistevano numerose divinità, ed anche per ogni singola creatura ve ne era una preposta ad hoc, che ne donava caratteristiche uniche e inequivocabili. Per la preparazione spagirica dobbiamo tenere conto di alcuni fattori. Ogni pianta è composta di tre parti fondamentali, ottenibili per separazione naturale: L’ Acido, positivo. La Base, negativa. Il Sale, neutro, risultante dall’unione dei primi due. In via generale, per macerazione, distillazione ed infine calcinazione, si ottengono i tre elementi separati che, alla fine, riuniti assieme, danno luogo alla cosiddetta Quinta Essenza, che risulta essere un elemento infinitamente potenziato rispetto alla pianta di partenza, in quanto contiene in sé l’elemento energetico che alimenta, sostiene e dirige la parte fisica della pianta. La pianta è complementare all’uomo: RADICI preposte al CERVELLO TRONCO E FOGLIE preposte alla ZONA TORACICA FIORE preposte agli ORGANI RIPRODUTTIVI. FRUTTI E SEMI preposte agli ORGANI DEL RICAMBIO. Un esempio più recente di questa metodologia spagirica, la ritroviamo nel nostro medioevo, con i monaci benedettini che, all’interno del monastero, costruito secondo i canoni geometrici sacri, vagliavano gli individui da sanare, sia fisicamente che spiritualmente, praticando una vera e propria terapia Psicosomatica. Essi producevano medicamenti spagirici ed alchemici nei propri laboratori, potenziandoli con la sacralità sia del luogo che delle loro tecniche, vere e proprie rituarie sacre. Siamo di fronte ad una filosofia olistica, cioè unitaria, che vede l’Universo come un unico corpo vivente, composto da infiniti elementi interdipendenti, dei quali l’uomo è il riassunto, potremmo dire il luogo geometrico del sistema e che costituisce l’elemento ultimo catalizzatore di tutte le forze divine. Da questo si può ritenere chiaramente che non è il Male, la Malattia ad Esistere, ma il Malato, in questo caso considerato come un piccolo Universo sconnesso, mal combinato, con il quale veniamo in contatto, innanzitutto per via sottile, e che possiamo veramente portare a guarigione. La luna è la lente di convergenza di tutte le forze cosmiche in generale e delle stelle in particolare. Questo in Spagiria è fondamentale e la maggior parte degli operatori del settore lo ignora completamente. La Natura, la Grande Madre, mentre toglie con una mano, si premura di dare con l’altra; cioè, viste le forze sfavorevoli, possiamo evitarle e mutarle a nostro vantaggio.

DOVE E COME RACCOGLIERE LE ERBE

Il bosco è uno fra i tanti luoghi dove possiamo trovare le nostre erbe: vale qualsiasi altra località di pianura e di collina, ma che assolutamente siano distanti, il più possibile, da ogni tipo di inquinamento magnetico (es. tralicci dell’alta tensione, antenne trasmittenti radio, radar, TV, ecc.); inquinamento chimico ed acustico. È preferibile il bosco in quanto luogo atemporale per eccellenza, che ci permette di tornare nella dimensione atemporale dei nostri antenati. Ad esempio, per chi ha la possibilità di frequentare i luoghi delle nostre magnifiche Alpi e Prealpi, potrà constatare come ci si possa immergere abbastanza facilmente, in un ambiente Celtico ancora genuino, quasi del tutto privo di ogni inquinamento acustico e ambientale ed ancora integro. Seguendo un qualsiasi sentiero prima di entrare in un bosco, quasi sempre si incontra una cappelletta contenente una Madonna, dove sull’altarino sono posti sempre fiori freschi di stagione. La Madonna non è altri che la dea Belisama, dea celtica della fertilità per eccellenza; sappiamo, a tal proposito, che tutte le divinità e le forze esistenti in Natura ai tempi dei Celti, hanno subito delle modifiche peculiari, durante la cristianizzazione operata molti secoli or sono. Hanno cambiato il nome ma non la sostanza, e se anche li chiamiamo con nomi “cristianizzati” rimarranno sempre le stesse entità primordiali che i nostri Avi invocavano. È con la collaborazione di queste forze che bisogna iniziare raccogliere le erbe: con lo spirito dovuto, cominciamo col farcele amiche e chiedere il loro aiuto e consenso prima di entrare nel bosco sacro (Nemeton). Al di là dell’indicazione generica di cogliere la pianta al massimo della sua potenzialità, che si ha nei primi giorni di luna crescente, dobbiamo valutare la corrispondenza di ogni singola pianta consone alla problematica psico-somatica da curare. Seguiamo il “Sentiero” Celtico: Ben equipaggiati, con cestino e falcetto, entriamo nel bosco liberandoci prima da ogni pensiero negativo e preoccupazione: la tranquillità è fondamentale. Lentamente entriamo in contatto con i profumi che emanano gli ambienti del bosco: essi sentono che le nostre intenzioni sono positive, ed allora anziché opporsi, ci fanno strada e ci facilitano il cammino. Quando arriviamo in una radura, ci fermiamo al centro e poco alla volta, abituiamo la vista alla penombra e scorgiamo le nostre erbe. Ci chiniamo, e prima di maneggiare il falcetto, pronunciamo questa invocazione possibilmente nella propria parlata o in quella del luogo prescelto:

“Salute a VOI, o luminosa, …………… (nome della pianta), sono venuto a cogliervi affinché mi rendiate la salute, poiché sono affetto da un male che voglio curare”.

È importante la differenza che passa tra l’usare l’italiano (lingua ormai alla portata di tutti) e nel rivolgerci nella lingua madre; il secondo è più potente perché ha un vissuto storico genuino e quella carica magnetica pregna di tutte le Voci generazionali che provengono dalle nostre terre, dai nostri nonni. Come si sa i Druidi usavano, non solo per il vischio, ma anche per tutte le altre erbe del bosco, il Falcetto d’oro. Il falcetto può essere di ferro, ma è fondamentale che lo stesso sia stato acquistato nuovo e debitamente Consacrato. Esso dovrà essere maneggiato esclusivamente da noi, e custodito gelosamente nel nostro cassetto o altare, anch’esso consacrato.

Un consiglio che ci proviene da lontano: per consacrare qualsiasi cosa, ci si deve recare ad una fonte pura, alla riva della quale si trovino Noccioli e/o Salici. È fondamentale che vi siano queste e non altre piante, perché la tradizione celtica nostrana vuole che si portino e si leghino ai rami di tali piante fazzoletti di lino bianco con scritti i nostri desideri, i nostri pensieri e i nostri dubbi (in nero o rosso). Il Nocciolo e il Salice sono piante che ci aiutano nella contemplazione e nel percorso dei nostri pensieri profondi. Quando avremo terminata la raccolta, ringrazieremo le forze amiche del bosco, sostando brevemente in contemplazione e in comunione con tutto l’ambiente che ci circonda, tornando poi a casa nostra. Lì giunti, stenderemo opportunamente le erbe ad asciugare per poterle mantenere più a lungo: è consigliabile, successivamente, conservarle in barattoli scuri, non esposti direttamente alla luce del sole. Meglio se questi barattoli sono di terracotta o vetro per evitare che vengano in contatto con materiali estranei alla costituente naturale.

Carlo e Elena Paredi

Fonte: il sapere il portale della conoscenza

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